L’art. 2557 c.c. prevede che <<chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta>>.
La norma, prevista per la cessione d’azienda, non trova un similare nell'ambito della cessione di partecipazioni societarie, da cui l’errata convinzione che, in assenza di un patto di divieto contenuto nell'atto di cessione delle quote o azioni, l’attività concorrenziale sia lecita.
Non è così.
La Corte di Cassazione ha consentito l’estensione analogica del disposto dell’art. 2557 c.c. alle ipotesi di cessione di quote di partecipazione di una società di capitali, chiarendo tuttavia che presupposto indefettibile di tale estensione è che il Giudice accerti che la cessione integra un “caso simile” all'alienazione d’azienda.
Tale similitudine è ravvisabile, come rilevato dalla Suprema Corte, nell'ipotesi di cessione della partecipazione sociale di controllo. Quest’ultima operazione, infatti, pur non essendo qualificabile come cessione d’azienda, ne determina i medesimi effetti pratici, vale a dire la “circolazione del complesso aziendale” (cfr. Cass. Civ., n. 14471 del 25 giugno 2014).
Stefano Salardi