“Sei ancora in tempo per non fare l’avvocato”. Ogni studente di giurisprudenza ha ricevuto, in qualche momento del proprio percorso, da parte di interlocutori più o meno familiari alla pratica del diritto, questa affettuosa minaccia, che, insieme a “ci sono più avvocati a Roma che…”, contribuisce al ritratto – non troppo patinato – di una professione in realtà poco conosciuta dai frequentatori delle aule universitarie.
Sono uno studente dell’Università di Bologna, dove ho concluso il terzo anno del corso di Giurisprudenza. In questi anni ho avuto l’opportunità di svolgere diverse esperienze curricolari ed extracurricolari in ambito nazionale e internazionale, eppure solo in pochissime occasioni sono entrato in contatto diretto con la professione dell’avvocato. Esperienze pratiche e processi simulati si stanno facendo largo solo ultimamente, e un tirocinio formativo è previsto solo negli ultimi mesi del quinto anno. Un’esperienza lavorativa in uno studio legale, quindi, può aprire scorci e prospettive normalmente inediti ad uno studente.
Per questo ho passato il mese di Agosto ospite – anche se ospite è il termine sbagliato, perché ho avuto la fortuna di sentirmi a tutti gli effetti un collaboratore – dello Studio Salardi, attivo nell’assistenza alle imprese e nel diritto civile e commerciale nazionale e internazionale. In questo mese ho svolto diverse attività: dalla ricerca legale su questioni specifiche, alla redazione di contratti commerciali nazionali e internazionali, fino alla redazione di lettere, atti processuali e arbitrali. Spaziando, peraltro, in numerosi ambiti del diritto fra cui la contrattualistica commerciale, il diritto industriale, la tutela della proprietà intellettuale, il diritto del lavoro, il diritto penale commerciale.
L’attività dello Studio mi ha portato a confrontarmi con settori eterogenei e, spesso, a me del tutto nuovi – che ho, quindi, dovuto imparare a conoscere: cito, per non fare che qualche esempio, il settore dell’abbigliamento di lusso e quello dell’estrazione mineraria. Del resto, il fascino del diritto è proprio quello di saper permeare ogni aspetto dell’attività umana.
Mentre vedevo i principi studiati sui libri prendere forma in casi concreti, quindi, ho avuto l’opportunità di sperimentare quanto un avvocato, per assistere un imprenditore, debba saper egli stesso essere imprenditore; quanto, per instaurare un rapporto di fiducia, debba saper trasmettere fiducia; quanto, per risolvere un problema, debba saperlo prevedere. E, mi è parso di aver imparato, non c’è corso universitario che insegni a sedersi intorno a un tavolo con un dirigente d’azienda.
Certo, perché uno studente possa migliorare, con l’esperienza, le proprie capacità di ricerca, di scrittura di atti, di collaborazione, lo Studio è chiamato ad un investimento considerevole di risorse e, soprattutto, di tempo. Considerevole in particolare rispetto a quello che, almeno in un primo momento, uno studente universitario è in grado di restituire in termini di utilità per lo Studio. Ma, se lo Studio resiste alla ‘tentazione della fotocopiatrice’, l’esperienza è davvero insostituibile. Io, che tuttora non ne conosco l’ubicazione, ho fatto parte per un mese di un ambiente stimolante, seguendo i casi passo dopo passo al fianco di avvocati esperti; il che mi ha dato una panoramica unica di cosa significhi essere un avvocato, qualunque sarà la mia strada professionale.
Anche perché, come si dice, sono ancora in tempo.
Marco Convertini
Studente 4° anno di giurisprudenza – Università degli Studi di Bologna